Siamo rimasti -a dir poco- basiti alla notizia di un nuovo blocco delle assunzioni, previsto nella bozza di legge di stabilità, che coinvolgerebbe direttamente anche il personale delle Università.
Il nostro stupore deriva dal fatto che l’università italiana ha già pagato, sul lato del personale, un conto pesantissimo in questi ultimi anni: in 10 anni abbiamo assistito alla scomparsa di oltre 16.000 unità di personale assunto a tempo indeterminato, una perdita di quasi il 25% del personale di ruolo.
Un nuovo blocco non è certo quello che ci si attende da un governo “del cambiamento”.
Vale la pena ricordare che la perdita di personale di ruolo è stata pagata sia dalla forte riduzione delle progressioni di carriera, sia dalla crescita esponenziale dei ricercatori precari, usa-e-getta, dei quali gli Atenei hanno fatto largo uso per cercare di mantenere elevati livelli di didattica e di ricerca nel nostro paese.
A reggere i nostri Atenei c’è un esercito di 40.000 precari, che quotidianamente si impegnano, ma hanno contratti con stipendi bassi e poche (o nulle) tutele lavorative.
Proprio loro, più di tutti, continueranno a soffrire l’assenza di assunzioni.
Certo, nella legge finanziaria ci sono fondi per 1.000 posti da RTDb, figura di ricercatore che -se abilitata- può essere stabilizzata come professore associato al termine del proprio triennio, ma tale numero è piccolo se consideriamo che nel 2019 sono previsti circa 1.700
pensionamenti. E diventa minuscola se confrontata con i 16.000 docenti di ruolo persi, ed i 40.000 che anelano la stabilizzazione.
E cosa accadrà se, in seguito alle verifiche da parte della Commissione UE, il blocco delle assunzioni dovesse essere prorogato?
Le Università le chiudiamo definitivamente, per carenza di personale?
Inoltre, ci chiediamo, cosa ne sarà degli oltre 1200 RTDb assunti nel 2016, che in caso di conseguimento dell’abilitazione scientifica nazionale, dovrebbero essere inquadrati come professori associati al termine del proprio triennio, che si chiuderà proprio nel 2019?
Tornano a casa? Restano un po’ di mesi (o anni) senza stipendio?
Chiediamo perciò che il Governo ritiri immediatamente il blocco delle assunzioni dalla legge di stabilità.
I docenti ed i ricercatori precari dell’Università non meritano questo “pacco” sotto l’albero.
Invece di usare l’Università come salvadanaio, il Governo dovrebbe puntare sui ricercatori, con un vero piano di reclutamento, pluriennale, di 4.000 posti all’anno per 5 anni.
Il Consiglio Direttivo di ARTeD
http://www.uniarted.it/wp-content/uploads/2018/12/Pacco_sotto_Albero.pdf